L’acqua che resta
2023
Stampa fotografica 30 x 45 cm
Amo fare monumenti in minuscolo. Delle tragedie non riesco a celebrare i morti, gli esuli, i reduci. Preferisco dedicarmi ai superstiti, agli scampati, a chi resta in generale: nessuno si preoccupa di chi ha vissuto una tragedia e ne porta ancora dentro le tracce, seppur invisibili. Consultando diversi documenti in merito al crollo della diga del Gleno, mi ha molto colpito la testimonianza della signora Maria di Darfo che, dopo aver ricordato come lei e la sua casa fossero scampate alla forza travolgente dell’acqua grazie a circostanze fortuite, racconta con estrema naturalezza di come – ormai adulta – in gita sulle rive del lago Moro, rifiutasse gentilmente ma fermamente di salire sulla barca. Come deve aver percepito minacciosa quell’acqua! Suppongo che nel suo ricordo di bimba di sette anni, l’acqua conservi ancora una potenza distruttiva enorme, che immagino riverberare dentro di lei ogni volta davanti a uno specchio d’acqua, anche il decisamente poco minaccioso Lago Moro dietro a casa. Per questo, mi sono recata a Capo di Lago e ho camminato lungo le rive del lago Moro ripetendo dentro di me ossessivamente la frase “Perché non sali sulla barca, Maria?” e ho scattato delle foto all’acqua, ricercando lo sguardo sul lago che poteva aver avuto Maria. Ne sono emerse delle immagini di acqua verde e cupa, simile a petrolio, immagini quasi astratte che dell’acqua conservano solo la densità e il peso. Il peso dell’acqua dentro.